Russia, imposte in salita sulle esportazioni di carburante
A febbraio il premier russo, Vladimir Putin, ha imposto un limite massimo da applicare ad alcune merci considerate socialmente strategiche (come frutta, verdura, grano e patate) per contribuire alla lotta contro l’inflazione galoppante nel Paese (9,6% in aprile). Tra i beni figurava anche la benzina per autotrazione.
L’effetto più evidente della decisione è stata la discesa del prezzo del carburante che, però, ha indotto i produttori petroliferi russi a vendere sul mercato estero piuttosto che su quello interno causando un vero e proprio deficit di approvvigionamento all’interno del Paese.
Inoltre le esportazioni petrolifere sono divenute più attraenti per le compagnie produttrici anche per l’aumento del prezzo del greggio a livello globale.
I numeri
Tra gennaio e marzo di quest’anno la Russia ha esportato, rispetto al primo trimestre dell’anno 2010, il 40% in più di benzina su rotaia (pari a 2,14 milioni di tonnellate di greggio).Le forniture domestiche (rispetto allo stesso periodo del 2010 che erano pari a 6,1 milioni) sono calate a 5,7 milioni di tonnellate. La produzione totale, tuttavia, è rimasta invariata (8,82 milioni di tonnellate).
Il monitoraggio sui prezzi
Il Primo Ministro, per meglio determinare le cause della carenza di benzina sull’intero territorio nazionale, ha anche provveduto a commissionare un monitoraggio sui prezzi del carburante mentre Igor Artemiev direttore del Servizio antimonopoli russo (Fas), ha annunciato ispezioni e verifiche sulle compagnie petrolifere in oltre 20 regioni del Paese e controlli più incisivi contro le società sospettate di porre in essere un cartello economico anticoncorrenziale.
Scelta fiscale
Il Cremlino, per riequilibrare la scelta operata dal presidente russo, ha deciso da una parte di ridimensionare le esportazioni petrolifere e dall’altra aumentare le tasse che gravano sull’export di carburanti (+44%). L’intento è colpire le scelte dei produttori “espatriati” all’estero alla ricerca del profitto. In sintesi, dal maggio 2011 l’imposta è salita dai 283,90 dollari per tonnellata cubica a 408,30 dollari (+124,40 dollari).
Gli effetti della decisione
La decisione, se da una lato avvantaggerà i cittadini russi (incolonnati per chilometri davanti ai distributori per ricevere al massimo 20 litri di benzina per veicolo) potrebbe ripercuotersi sulle tasche degli automobilisti europei che vedranno salire i prezzi, già di per sè sensibili, del mercato petrolifero. E ciò tenuto conto che l’export russo copre circa il 40% del fabbisogno europeo e a causa della problematica situazione politica in Libia e in generale in tutto il nord Africa esportatore di petrolio.
Nell’ammettere che l’aumento della tassa colpirà le società petrolifere Putin ha chiesto di procrastinare i tempi di applicazione della produzione di benzina dello standard Euro-3 ed Euro-4.
La Russian Fuel Union
Secondo la RFU (Russian Fuel Union), organizzazione che rappresenta i distributori di benzina, le colpe maggiori devono essere ricercate nelle scelte dei fornitori (come Rosneft e Gazprom Neft) di aver rifiutato di fornire le società private. Le grandi major come Rosneft e Lukoil, tuttavia, negano i tagli e promettono maggiori forniture di carburante (benzina e diesel) per auto.